“Tomorrow Question”, i futuri sperati

Quando il terapeuta ottiene risposta alla domanda “Quali sono le tue migliori speranze riguardo a questa terapia?”, arriva a comprendere quale sia l’obiettivo del paziente, cosa desideri. Il passo successivo, quindi, è quello di richiedere una descrizione quanto più dettagliata possibile su come sarebbe la sua vita se queste sue migliori speranze si realizzassero.

La Tomorrow Question: quanto è importante la descrizione del futuro sperato

tomorrow question

Era come se quella descrizione verbale agisse come un’esperienza virtuale per il paziente.

Nelle prime fasi dalla nascita della Terapia Breve Centrata sulla Soluzione, la “Tomorrow Question” è stata vista come un focus importante in cui la specificazione degli obiettivi poteva far comprendere tanto al paziente quanto al terapeuta quando fosse giunto il momento di interrompere gli incontri.

Non passò molto tempo prima che il valore terapeutico di questa conversazione focalizzata sul futuro diventasse evidente. Sembrava, infatti, che quanto più dettagliatamente un paziente potesse descrivere il futuro sperato, quanto più probabile e rapido sarebbe stato conseguire un risultato positivo.

Era come se quella descrizione verbale agisse come un’esperienza virtuale per il paziente, dando così luogo a un senso di possibilità concreta: le cose avrebbero potuto essere davvero diverse.

Le descrizioni iniziarono così a riguardare ogni aspetto della quotidianità del paziente, non solamente la problematica che lo aveva spinto ad andare in terapia.

A questo punto il concetto di “obiettivi” non era più sufficiente dato che questo è troppo specifico e circoscritto. Di conseguenza è stato coniato il termine di “futuri sperati”, quindi al plurale e non più al singolare. 

Se ci soffermiamo sulla terminologia, vedere come unica soluzione la descrizione del “futuro sperato” del paziente è un errore. Infatti, per essere più precisi, si tratta non di una soluzione, quanto di un modo di vivere alternativo nel quale i problemi che si palesano non hanno un ruolo significativo.

La soluzione ai problemi del paziente è il risultato di una terapia efficace. Vediamo un esempio.

La soluzione come risultato di una terapia efficace

Mettiamo il caso che una madre si lamenti della figlia adolescente che resta fuori casa fino a tardi. Alla domanda sulle sue “migliori speranze”, come prima risposta, dice che vorrebbe che sua figlia tornasse in orario.

Il terapeuta non metterà questa risposta al centro del lavoro da fare in terapia. Invece, chiederà “Che differenza farebbe se tornasse in orario?”, cercando di esplorare questo aspetto fino a quando non potrà stabilire un risultato che sia “una migliore qualità della vita”, e “avere una relazione migliore” tra madre e figlia.

Il compito, quindi, sarà quello di ottenere una descrizione di come tale “rapporto migliore” inciderebbe sulla vita quotidiana della famiglia.

Se la descrizione dovesse essere efficace, la madre e la figlia inizieranno a vivere meglio e, grazie al miglioramento della loro relazione, saranno con tutta probabilità più capaci di negoziare le regole.

Il problema viene quindi risolto dalla famiglia senza alcun intervento diretto da parte del terapeuta.

La Miracle Question e la Tomorrow Question

Nella Terapia Breve Centrata sulla Soluzione troviamo un forte riferimento al futuro con la Miracle Question che viene posta come in questo esempio:

“Supponiamo che una notte, mentre dormivi, sia accaduto un miracolo e che il tuo problema sia stato risolto. Come fai a renderti conto che il problema non esiste più, da quali segnali te ne accorgi? Cosa sarebbe diverso? Come farebbe -per esempio- tuo marito ad accorgersi che qualcosa è cambiato senza che tu gli dica nulla a riguardo?” 

In principio, prima che venisse formulatala domanda sulle migliori speranze, la Miracle Question veniva utilizzata per far dare al paziente una descrizione della vita senza il problema. Più avanti sembrò più logico chiedersi come sarebbe stata la quotidianità qualora si fossero realizzate le “migliori speranze”.

tomorrow question

“Che differenza farebbe se tornasse in orario?”, cercando di esplorare questo aspetto fino a quando non potrà stabilire un risultato che sia “una migliore qualità della vita”

Lo scopo della metafora del miracolo è stato quindi quello di far superare al cliente il suo senso di disperazione, dato che i miracoli possono fare qualsiasi cosa.

Una volta che fu introdotto il concetto di “speranza” in relazione alla prima domanda, i “miracoli” non erano più così necessari e, come nel caso che ho preso come esempio, quello della madre e della figlia, è più probabile che si scelga di formulare la domanda sulle migliori speranze in questo modo:

“Se domani ti svegliassi e scoprissi che tu e tua figlia avete esattamente il tipo di rapporto che speri, quale potrebbe essere il primo segnale di questo cambiamento?”

Un problema che sorge ponendo questo tipo di domanda, che è stata soprannominata come Tomorrow Question, è che le parole del terapeuta sono meno solenni e forse concedono un posto d’onore alle parole del paziente.

Un’altra caratteristica del “miracolo” è che non ripone tutto il potere nel terapeuta.

Immagina di svegliarti domani e di renderti conto che le tue speranze si sono avverate. Cosa cominceresti a notare?

In questa scena il vero protagonista è il paziente, mentre il terapeuta ne viene tenuto al di fuori.

Flavio Cannistrà
Psicologo, Psicoterapeuta
Esperto di Terapie Brevi,
Terapia a Seduta Singola
e Ipnosi

 

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Bibliografia

de Shazer, S. (1988) Clues: Investigating Solutions in Brief Therapy. New York: W. W. Norton.
Iveson, C. (1994) Preferred Futures – Exceptional Pasts. Presentation to the European Brief Therapy Association Conference, Stockholm.
George, E., Iveson, C. and Ratner, H. (1999) Problem to Solution: Brief Therapy with Individuals and Families (revised and expanded edition). London: Brief Therapy Press.

 

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