Terapia Breve Centrata sulla Soluzione (SFBT): che cos’è

La Terapia Breve Centrata sulla Soluzione (Solution Focused Brief Therapy  SFBT), è un approccio di terapia breve che permette di realizzare un cambiamento nelle vite dei pazienti in breve tempo.

bravo psicologo RomaQuesta terapia si basa sul principio che il cambiamento si possa ottenere attraverso due vie principali:

  • Incoraggiando i pazienti a descrivere il futuro che desiderano, quindi come sarebbe la loro vita se la terapia dovesse avere successo
  • Descrivendo in modo dettagliato e con esempi concreti le risorse che hanno consentito loro di avere successo in determinate situazioni del passato e del presente; grazie a questi esempi i pazienti mettono in atto dei processi di cambiamento nella loro vita.

Terapia Breve Centrata sulla Soluzione: dagli esordi a oggi

La SFBT è basata su un approccio dialogico con i pazienti: attraverso il modo in cui parlano della loro vita, le parole che utilizzano e il linguaggio, il terapeuta può aiutarli ad apportare cambiamenti significativi; altresì la Terapia Centrata sulla Soluzione è una forma di colloquio che incoraggia i pazienti a parlare essi stessi del loro problema (Miller 1997: 214).

Il metodo era però differente: infatti, a utilizzare per la prima volta questo tipo di terapia breve, nella seconda metà degli anni ’80, fu un gruppo di studiosi di Milwaukee, che lavorava presso il Brief Family Therapy Center. In UK, a utilizzarlo per la prima volta fu un gruppo di studiosi conosciuti inizialmente come Brief Therapy Practice, successivamente noto come BRIEF, dove mi sono formato.

Il metodo era differente dalle pratiche di terapia tradizionali. Da queste, veniva considerata ingenua l’idea che il problema del paziente potesse essere risolto senza che il terapeuta ne conoscesse le cause. In aggiunta, il fatto che tale problema potesse essere risolto in tre o quattro sedute, sembrava completamente impossibile.

Nonostante ciò, dal secondo decennio del XXI secolo, molti dei principi di questo metodo furono utilizzati nell’ambito di altri approcci terapeutici, al punto che oggi i suoi tratti distintivi non sono più così deducibili.

Secondo alcuni, è più semplice definire cosa non è la SFBT, invece di cosa sia (McKergow and Korman 2009).

Dal problem talk al solution talk

Per esempio, sebbene molti terapeuti oggi dichiarino di porre ai pazienti domande incentrate sul futuro, talvolta utilizzando perfino la cosiddetta “Miracle Question”, dichiarano anche che sia essenziale incoraggiarli da subito a parlare del loro problema, e che descriverlo sia una parte fondamentale del processo di soluzione.

Invece, inizialmente nella SFBT (e ancora oggi nella pratica di molti terapeuti centrati sulla soluzione) si evitava il più possibile di parlare dei problemi: l’idea era quella di centrarsi sulle soluzioni.

Infatti, chi utilizza la SFBT si rende conto che i pazienti stessi si aspettano di poter descrivere il loro problema. I terapeuti, però, non li incoraggiano in questa direzione e intenzionalmente li conducono verso il dialogo finalizzato alla soluzione del problema (solution talking) e non al problema stesso (Berg e de Shazer 1993).

In più, in alcuni casi veniva detto al paziente cosa fare dopo la seduta, o gli veniva assegnato qualche piccolo compito da fare a casa per superare lo schema di comportamento che era alla base del problema. In genere si trattava semplicemente di fare caso anche ai piccoli cambiamenti che avvenivano tra una seduta e l’altra. Non si davano consigli.

Una delle fondatrici di questo approccio, Insoo Kim Berg, consigliava ai terapeuti di “non lasciare impronte nelle vite dei loro pazienti”, di intervenire quindi il meno possibile e il più brevemente possibile. L’intervento è il colloquio stesso col paziente.

In buona sostanza, questo tipo di approccio si focalizza sulla persona e induce il paziente a descrivere come vorrebbe che fosse la sua vita, aiutandolo a riconoscere gli strumenti – che già possiede senza saperlo – per risolvere il suo problema.

Non è quindi il terapeuta che individua il problema e che fornisce la soluzione, ma è il paziente stesso che trova in sé le risorse per superarlo.

Terapia Centrata sulle Soluzioni e Terapie Brevi

Oggi si può parlare di diversi approcci di terapia breve, approcci che si basano su una varietà di modelli, da quello psicodinamico alla terapia cognitivo-comportamentale. L’unico elemento di continuità tra questi sembra essere la brevità dell’intervento.

Esistono inoltre terapie che nascono con l’intento di essere di breve durata, come ad esempio:

  • il Brief Therapy Center, presso il Mental Research Institute (MRI), a Palo Alto, in California, nasce proprio con questo intento nel 1967; la durata della terapia (successivamente nota come terapia strategicaterapia breve modello MRI), come veniva detto all’inizio ai pazienti, era di massimo 10 sedute.
  • il Brief Family Therapy Center (BFTC), fondato nel 1977 a Milwaukee, si basava sul modello terapeutico utilizzato nell’MRI. Dalla sintesi di questo approccio e del lavoro dell’ipnoterapeuta Milton Erickson si sviluppa la Terapia Breve Centrata sulla Soluzione. Non si mantiene lo schema rigido delle 10 sedute, tuttavia ci si rende conto che la terapia basata su questo approccio è comunque breve.

A tale proposito si sottolinea che è importante dare una definizione di terapia breve senza considerare i limiti temporali come una costrizione rigida. Infatti, si può distinguere una terapia breve definita da limiti temporali e una terapia breve definita come strumento per la soluzione di “problemi umani” (Shazer et al. 1986: 207).

L’approccio alla terapia breve che mira alla soluzione del problema fa parte di una tradizione particolare di terapia breve con metodi e filosofie distinte. In queste pagine, nelle prossime settimane, parlerò proprio della Terapia Breve Centrata sulla Soluzione, per dare il mio contributo alla sua diffusione in Italia.

Flavio Cannistrà
Psicologo, Psicoterapeuta
Esperto di Terapie Brevi,
Terapia a Seduta Singola
e Ipnosi

 

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