Terapia breve: se il paziente non nota cambiamenti

Quando il terapeuta di terapia breve centrata sulla soluzione chiede al paziente “Cosa c’è di meglio rispetto all’ultima volta che ci siamo visti?”, non è garantito che la risposta sia positiva sempre. Ci sono casi in cui il paziente può rispondere “Niente, non è assolutamente cambiato niente, tutto è esattamente uguale.”

Anche se alla fine della seduta il paziente può aver notato che, effettivamente, alcune cose sono cambiate in meglio, è bene che il terapeuta focalizzato sulla soluzione non apra discussioni a riguardo con frasi del tipo “Dai e andiamo, qualcosa deve essere pur migliorata”.

Deve, invece, lavorare partendo dall’accettare che il paziente, quando dice “nulla”, intende esattamente dire “nulla”, perché quello è ciò che percepisce in quel momento, se invece dice che le cose sono peggiorate leggi qui.

Se si apre una discussione si rischia soltanto di invitare il paziente a rispondere ancora una volta “niente di diverso” e ogni volta che il paziente lo ripete, per lui diventa sempre più difficile notare che questo status non sia effettivamente come descritto.

Vediamo un dialogo “tipo” che ben descrive questa situazione

Terapia breve, come gestire il lavoro se il paziente non nota cambiamenti

Terapeuta: Cosa va meglio rispetto all’ultima volta che ci siamo incontrati?

Paziente: Niente, assolutamente niente di diverso, è tutto come prima.

Terapeuta: Ah. Allora, cosa hai notato di piacevole nel modo in cui hai affrontato le cose, anche se nulla è migliorato?

Paziente: Beh, suppongo che le cose non siano peggiorate.

Terapeuta: Quindi potrei farti qualche domanda a riguardo? Cosa pensi di aver fatto per evitare che le cose andassero peggio?

terapia breve

Niente, assolutamente niente di diverso, è tutto come prima.

Paziente: Beh, ho continuato a stare attento alla mia dieta e a prendermi cura di me stesso un po’ meglio, sono andato a letto a un’ora ragionevole, dormendo bene, e sono uscito qualche volta.

Terapeuta: Ok, come sei riuscito a portare avanti queste cose positive?

Paziente: Semplicemente facendole diventare delle abitudini, una sorta di routine, facendole anche quando non ne avevo molta voglia.

Terapeuta: Immagino che non sia facile farle quando non se ne ha voglia, quindi come hai fatto?

Paziente: Ricordo solo com’è stato lo scorso anno.

Terapeuta: Bene, quindi in un modo o nell’altro sei riuscito a farle e non sembra sia stato facile.

Paziente: No.

Terapeuta: No, ok, allora come saprai quando sarà il momento giusto per fare un ulteriore passo avanti?

Paziente: Non ne sono sicuro.

Terapeuta: Come pensi di fare?

Paziente: Forse quando non sembra una lotta ogni giorno.

Terapeuta: Ok, allora come ti sentirai?

Paziente: Un po’ meno sul filo del rasoio, un po’ meno come se stessi per cadere da un momento all’altro.

Terapeuta: Bene, fantastico, allora se non sarai sul filo del rasoio come ti sentirai?

Paziente: Più sicuro di me, del futuro.

Terapeuta: Allora, da cosa noterai che la strada che stai percorrendo ti permetterà di essere più sicuro?

Non si deve mai discutere col paziente

Da questo dialogo esemplificativo risulta abbastanza chiaramente che il terapeuta non deve mai discutere col paziente. Il terapeuta accetta la risposta del paziente e gli chiede: “Allora cos’hai notato di buono nel modo in cui ti stai comportando anche se non c’è un miglioramento?”

Il paziente entra nel dettaglio di un risultato alternativo e la conversazione si può concentrare su ciò che il paziente ha fatto per mantenere uno stato stabile.

Chiedendo al paziente, alla fine del dialogo, “Come saprai quando sarà il momento giusto per fare un ulteriore passo avanti”, si getteranno le basi per una buona collaborazione, seguendo il ritmo del paziente.

Flavio Cannistrà
Psicologo, Psicoterapeuta
Esperto di Terapie Brevi,
Terapia a Seduta Singola
e Ipnosi

 

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