Approccio terapeutico Terapia Breve, non è carta tappabuchi?

Le psicoterapie incentrate sul problema sono tipicamente e tradizionalmente strutturate attorno alla distinzione tra superficie/profondità, distinzione che è stata al centro del processo di concettualizzazione del terapeuta.

Approccio terapeutico psicoterapie incentrate sul problema

I comportamenti del paziente, quelli visibili a tutti, la sua rabbia o la sua miseria, vengono considerati come manifestazioni superficiali di dinamiche più complesse che non sono visibili e di cui il paziente non è consapevole.

Tali processi di profondità, tradizionalmente, sono stati visti come più importanti. Sono questi, infatti, oggetto della terapia. Il terapeuta, che ha le competenze per vedere attraverso le manifestazioni superficiali, riesce ad arrivare ai meccanismi più profondi.

Si pensa, quindi, che questi sia in grado di accedere a un livello più profondo del processo psicologico e proprio in tale livello si troverebbe la causa dei fenomeni visibili a un livello più superficiale.

La presenza di questa distinzione viene evidenziata anche nel linguaggio del professionista. Ogni volta che nelle discussioni cliniche viene utilizzata la parola “sintomo”, si indica la distinzione tra superficiale/profondo pensando all’uso clinico della frase “presentare un problema”.

Quest’ultima, tendenzialmente, viene associata a una descrizione alternativa della formulazione del problema, spesso etichettata come “problema di fondo”.

La conoscenza del paziente attraverso questa scelta di parole viene presupposta come superficiale, quella del terapeuta come più profonda. La conoscenza “più profonda” viene assunta come quella con maggior valore.

Tappare i buchi delle pareti con la carta

A meno che non si affronti questo livello nascosto e profondo -sostengono i terapeuti- il cambiamento sarà di breve durata, come tappare i buchi di una parete con della carta, o come riordinare le sedie sul ponte del Titanic, attività ovviamente del tutto inutili.

Il cambiamento sarà di breve durata, come tappare i buchi di una parete con della carta

Proprio su questo tipo di attività i terapeuti hanno accusato i consulenti di non “andare abbastanza in profondità”.

Abbiamo visto coach che disperatamente cercavano di ottenere gli elogi sociali dei terapeuti mediante appropriazione dei processi e delle pratiche dei test psicometrici, il loro modo di andare oltre la conoscenza del paziente, e rendendo chiaro a tutti che avevano una base di conoscenza non accessibile ai più, in particolare non aperta al paziente.

Ciò che è importante riconoscere è forse la distinzione tra superficie/ profondità. Sebbene sia stata un perno di tutto il pensiero occidentale, è solo uno dei modi di comprendere.

È solo un modo di pensare, una metafora, un modo di dare un senso alle nostre esperienze e come per ogni metafora il suo valore non sta nella sua verità, dato che le metafore non sono vere o false, ma nella sua utilità.

È utile ai pazienti? Qual è il suo impatto su di loro? È utile ai terapeuti? Si potrebbe, per esempio, sostenere che uno degli effetti di questa particolare metafora sia stato la sua tendenza a disincentivare il paziente dal migliorare il suo status e allo stesso modo la posizione del terapeuta.

Anche la metafora ha offerto una base per trattamenti efficaci, sicuramente lo ha fatto, i suoi benefici però non sono universali.

La proposta alternativa della Terapia centrata sulla Soluzione

La Terapia Breve centrata sulla Soluzione si basa su una proposta alternativa: le persone cambiano quando cambiano il loro modo di descrivere il proprio mondo e le loro esperienze, quando passano dal problem-talk a solution-talk (approfondimenti in questo articolo).

Il terapeuta focalizzato sulla soluzione lavora intensamente per poter lavorare poi con il paziente, sforzandosi di stare con quest’ultimo, invece di scrutare al di sotto o al di là o di determinare delle ipotesi di causalità.

La ricerca nel modello dimostra che questo approccio alternativo al processo terapeutico fornisce una base per una terapia efficace e per un cambiamento duraturo.

Se noi come terapeuti possiamo determinare che gli esiti siano buoni, allora la nostra scelta del modello di “metafora” diventa in sostanza una domanda estetica piuttosto che pragmatica: “Che tipo di modo scelgo per pensare alle persone con cui lavoro, che tipo di relazione voglio sviluppare con i miei pazienti, quale modo di pensare è più probabile che faciliti questi esiti.”

Le metafore, dobbiamo tenere a mente, sono solo metafore, anche se a volte ce ne dimentichiamo e le trattiamo come fossero reali, come se la superficie e la profondità esistessero davvero, piuttosto che rappresentare distinzioni arbitrarie (sebbene utili) che creiamo nella nostra mente e istituzionalizziamo nella nostra formazione professionale.

Flavio Cannistrà
Psicologo, Psicoterapeuta
Esperto di Terapie Brevi,
Terapia a Seduta Singola
e Ipnosi

 

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