Terapia per adulti: lavorare con i senzatetto

Gran parte del lavoro della Terapia Breve centrata sulla Soluzione è dedicata agli adulti. I prossimi articoli saranno incentrati su casi di persone “emarginate”, quindi di tutti quelli che hanno meno probabilità di essere indirizzati alla terapia per adulti.

In questo contesto si deve essere consapevoli che non sempre la terapia avrà successo, ma questo non è comunque un buon motivo per non provarci, come vedremo più avanti nel caso preso in esame. Per ulteriori approfondimenti è consigliabile leggere Iveson (2001).

Terapia per adulti: i senzatetto

Quando sono iniziate le prime sperimentazioni con la Terapia Breve centrata sulla soluzione (ulteriori approfondimenti sulle origini qui), si è voluto testarla fino ai suoi limiti. Molti professionisti sono stati invitati a lavorare con pazienti che di solito vengono ritenuti non candidabili alla terapia, molti terapeuti sono stati così audaci da provarvi.

Persone con difficoltà di apprendimento, malati mentali cronici, come persone affette da Alzheimer, sono stati alcuni pazienti con i quali si è deciso di lavorare. I buoni risultati ottenuti, però, non hanno stupito perché quando si sposta l’attenzione dalla “soluzione di un problema” al miglioramento del benessere e della qualità della vita, chiunque può essere aiutato.

Ogni paziente che desideri cambiare qualcosa nella sua vita può essere aiutato ad apportare tali miglioramenti.

Questa importante verifica dei limiti è stato un tema ricorrente del lavoro della terapia Breve centrata sulla soluzione e di conseguenza nessun potenziale paziente verrà rifiutato solo sulla base della presentazione del suo problema.

Un caso di studio

Un caso emblematico che serve a esplicitare quanto fino a ora detto, è quello di Giacomo, un senzatetto che è stato indirizzato in terapia da un’operatrice di un’associazione di volontariato che aiuta i senzatetto alcolisti.

Giacomo si era presentato alla prima seduta di terapia decisamente ubriaco e arrabbiato. Per la maggior parte del tempo aveva parlato di tutte le ingiustizie che aveva subito nella sua vita, inclusi diversi periodi trascorsi in prigione e negli ospedali psichiatrici.

Terapia per adulti lavorare con i senzatetto

“Immaginiamo che domani mattina, quando ti sveglierai, la tua vita inizierà a muoversi nella giusta direzione per ottenere un appartamento, qual è la prima cosa diversa che noterai?”

Un bravo e attento terapeuta, a meno che non vi siano evidenti problemi di sicurezza, dovrà educatamente ignorare i comportamenti che non favoriscono il processo terapeutico. Inoltre, dovrà fare del suo meglio per attenersi solamente a quelle domande che possano produrre risposte davvero utili.

Alla fine della seduta, Giacomo aveva detto che ciò che sperava di ottenere era avere un appartamento tutto suo. L’argomento, però, aveva portato a un’ennesima sfuriata sull’inutilità di tale speranza.

Dopo diverse sfuriate alimentate dall’alcol, Giacomo aveva dato al sua prima risposta alla domanda: “Immaginiamo che domani mattina, quando ti sveglierai, la tua vita inizierà a muoversi nella giusta direzione per ottenere un appartamento, qual è la prima cosa diversa che noterai?”

Non c’erano stati più di 10 minuti di risposte coerenti alle domande terapeuta, tuttavia, mesi assieme, avevano descritto il risveglio in un ingresso della casa e, invece di pensare a dove andare a bere qualcosa di alcolico, Giacomo pensava a dove prendere una tazza di tè.

Probabilmente sarebbe andato da qualche simpatico barista di sua conoscenza, magari molto presto, in modo da non scoraggiare gli altri clienti, e sarebbe stato educato.

La seconda seduta di Giacomo

Un mese dopo, alla seconda seduta, Giacomo si era presentato ancora più ubriaco e arrabbiato. Gli era stato offerto un monolocale da un’associazione per l’edilizia abitativa, ma gli erano stati negati i sussidi necessari per poter accettare.

Probabilmente, in tutta la seduta, c’erano stati non più di 5 minuti di coerenza nelle risposte di Giacomo, tanto era ubriaco.

Tuttavia, in risposta alle domande “Che tipo di uomo ha incontrato l’agente immobiliare che lo ha portato a offrirti una risorsa così scarsa?” e “Che cosa ha portato questo professionista a scegliere te piuttosto che gli altri nelle tue stesse condizioni di bisogno? Come ha fatto?”

Tre mesi dopo il referente aveva riferito che Giacomo aveva risolto il suo problema, si era trasferito in un monolocale e, anche se era ancora presto, tutto lasciava supporre che sarebbe diventato un inquilino responsabile.

Il messaggio che si può ricavare da questa esperienza, nonché dai principi dell’approccio terapeutico centrato sulla soluzione, è che non si dovrebbe mai rinunciare ai pazienti prima ancora di averci provato.

Flavio Cannistrà
Psicologo, Psicoterapeuta
Esperto di Terapie Brevi,
Terapia a Seduta Singola
e Ipnosi

 

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Bibliografia

Iveson, C. (2001) Whose Life? Working with Older People. London: Brief Therapy Press

 

 

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