La Terapia Breve per i bambini, quali vantaggi

Molto spesso le persone si sorprendono di come i bambini, anche molto piccoli, possano rispondere all’approccio terapeutico centrato sulla soluzione (puoi approfondire qui sulla Terapia centrata sulla Soluzione). La Terapia Breve per i bambini può dare ottimi risultati.

Terapia Breve per bambini

Oggigiorno è molto facile attaccare etichette, soprattutto ai bambini

Nella maggioranza dei casi, però, i terapeuti preferiscono di lavorare con i genitori del paziente. Questo accade perché il bambino potrebbe essere etichettato in base al suo problema e ritenuto, quindi, problematico.

Terapia Breve per bambini, quali sono i rischi

Come abbiamo detto, la Terapia Breve per i bambini può essere una scelta particolarmente soddisfacente. I vantaggi sono diversi, ma dobbiamo mettere in evidenza quelli che possono essere i rischi legati a questa scelta terapeutica che, esattamente come tutte le altre, quando viene applicata a dei bambini piccoli, deve essere ben ponderata.

Partiamo dal problema delle “etichette”. Oggigiorno è molto facile attaccare etichette, soprattutto ai bambini. Un’etichetta può arrivare a rovinare la vita del piccolo paziente che crescerà identificandosi col problema.

Per questo motivo fondamentale è importante lavorare con i genitori, ma non è l’unica motivazione. In realtà, sembra che il percorso con i genitori porti a risultati più efficaci.

Se il cambiamento viene attribuito al genitore piuttosto che al terapeuta, è probabile che tale cambiamento sia più incisivo.

Quando coinvolgere il bambino nella terapia

Il bambino, comunque, può essere coinvolto nella terapia, ma sarebbe sempre bene farlo solamente quando abbia raggiunto lo stadio evolutivo. Infatti, è proprio in questo momento che avrà capacità di discernimento, quindi a partire dai 3 anni.

Naturalmente il linguaggio deve essere adatto all’età del bambino, la regola vale qualsiasi sia l’approccio terapeutico che si deve intraprendere: il bambino deve essere in grado di capire e di poter rispondere alle domande.

Più il bambino è piccolo, meno dovranno essere astratte le domande. Inoltre, ci si dovrà focalizzare più su un passato reale che su un futuro ipotetico. Il linguaggio verbale può essere anche affiancato da materiale e giochi adeguati all’età del bambino. (Berg Steiner 2003).

Un bambino di 5 anni, per esempio, di solito si diverte a mostrare come ci si comporta bene a scuola, specialmente se vi sono altre persone presenti all’incontro col terapeuta.

Per esempio può mostrare come ci si mette in fila in modo composto e ordinato e come si cammina tranquillamente.

Può darsi che il bambino non sia mai stato visto comportarsi in quel modo, ma è molto probabile che dal giorno dopo lo metta in pratica.

Un bambino di 5 anni, durante una sessione terapeutica, aveva detto che per essere più felice a scuola non avrebbe dovuto correre in classe.

Gli era stato chiesto, quindi, cosa avrebbe dovuto fare. La risposta era stata “Camminare”.

“Sei un buon camminatore?” Aveva chiesto il terapeuta. “Sì”, aveva risposto il bambino con enfasi. “Bene”, aveva risposto il terapeuta, “fammi vedere come si fa.” Il ragazzino aveva fatto un lento e misurato giro attorno alla stanza, mostrando al terapeuta e alla madre la sua abilità.

In seguito, nella seduta, si era cimentato col terapeuta in un gioco di ruolo dove aveva assunto il ruolo dell’insegnante mentre il terapeuta aveva assunto il ruolo del bambino stesso.

In questo modo avrebbe “insegnato” al bambino-terapeuta ciò che gli veniva richiesto in quanto bambino.

Alcuni altri esempi di comunicazione con i bambini

In un altro caso che ha come protagonista una bambina di 4 anni affetta da mutismo selettivo, questa era stata in grado di illustrare il suo attuale livello di sicurezza.

Per farlo aveva preso un animale della fattoria di plastica scegliendolo da una fila di 10. Poi, utilizzando delle bambole di steli di ciniglia, aveva indicato che erano la vicinanza della madre e l’attenzione del padre per il fratello (che l’aveva violentata) a farla sentire più al sicuro.

Dopo essere stata aiutata a comunicare in questo modo, aveva ricominciato a parlare.

Terapia Breve per bambini

Un ragazzino molto attivo, si era divertito a confrontare i suoi obiettivi e i progressi rispetto a questi con le manovre dello skateboard

In un altro caso, un ragazzino molto attivo, si era divertito a confrontare i suoi obiettivi e i progressi rispetto a questi con le manovre dello skateboard.

Sia lo skateboard che il so comportamento avevano iniziato a migliorare.

Oltre al linguaggio: domande chiuse e aperte

Oltre al linguaggio, la differenza più evidente con i bambini più piccoli rispetto agli adulti sta nello stabilire il risultato sperato.

Sovente, questo sarà determinato dai genitori, ma un bambino può essere incluso e “informato” su quelli che saranno i benefici della terapia ponendogli delle domande di questo tipo:

“Vorresti essere più felice/diventare più felice, con tuo fratello, comportandoti bene a scuola e così via.”

Tutti questi sono esempi di domande chiuse alle quali si può rispondere con una sola parola, come per esempio quando si chiede a un bambino il nome del suo programma televisivo preferito.

È quindi più facile per i bambini rispondere e consente loro di sentire che stanno facendo le cose nel modo giusto.

Il terapeuta può in seguito passare alle domande cosiddette aperte che fanno in modo che il bambino pensi con più concentrazione prima di dare una risposta:

“Ok, allora diciamo che domani avrai una giornata felice a scuola, come farà la maestra a sapere che sei più felice quando entri in classe? Cosa ti vedrà fare?”

E in questo modo, a seconda delle risposte, si procederà con il dialogo terapeutico. Nel prossimo articolo vedremo quale sarà l’approccio con gli adolescenti.

Flavio Cannistrà
Psicologo, Psicoterapeuta
Esperto di Terapie Brevi,
Terapia a Seduta Singola
e Ipnosi

 

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Bibliografia

Berg, I. K. and Steiner, T. (2003) Children’s Solution Wirk. New York: W. W. Norton

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