Sapersi accontentare, che cosa è abbastanza buono?

Quanto è importante per raggiungere l’obiettivo finale il sapersi accontentare? Facciamo un esempio.

sapersi accontentare

Vi sono diversi casi in cui l’obiettivo del paziente è davvero irraggiungibile

Mettiamo il caso che il paziente sia arrivato al gradino 3 della scala, dove dovrebbe arrivare per pensare che si trova a buon punto con i suoi progressi?

Ovviamente la risposta è soggettiva. Tuttavia, vi sono diversi casi in cui l’obiettivo del paziente è davvero irraggiungibile.

Sapersi accontentare: quando l’obiettivo è irrealistico

Il terapeuta, spesso, si rende conto che il 10 del paziente non è realistico, e ancora più spesso è il paziente che definisce il suo futuro come il giorno “perfetto” o “ideale”.

Non è consigliabile che il terapeuta pensi a come poter rendere più realistico il futuro preferito del paziente – dopo tutto è la vita del paziente, non quella del terapeuta – ma può senza dubbio fare qualcosa affinché la conversazione trovi una dimensione più concreta.

La scala è molto utile a questo scopo. Infatti, per quanto il 10 di un paziente possa essere irrealistico, una volta che riferisce il punto in cui si trova, sta già pensando in modo realistico, concreto, e può essere spronato a concentrarsi su come sarà il prossimo step, il + 1, invece che concentrarsi su come potrà raggiungere il gradino 10.

Accettare i 10 del paziente

Un approccio che accetta i 10 del paziente, per quanto irrealistici, che aiuta il paziente stesso a concretizzare i suoi obiettivi, è quello di chiedere quale, secondo lui, potrebbe essere considerato un traguardo “abbastanza buono”, quindi soddisfacente, sulla scala.

Molto raramente il paziente risponde un 10.

Un esempio molto esplicativo è quello di una paziente affetta da sclerosi multipla che aveva dato diverse risposte alla Miracle Question, che sembrava essere davvero miracolosa data la sua effettiva condizione.

La terapista le aveva quindi chiesto a che livello della scala si trovasse in quel preciso momento. Aveva risposto 2.

Paziente e terapeuta avevano iniziato a discutere su quella constatazione. Poi la terapista le aveva chiesto quale punto della scala avrebbe dovuto raggiungere per poter sentire di aver fatto dei progressi, la paziente aveva risposto 6.

Effettivamente, utilizzando questo tipo di approccio che, ricordo, serve a concretizzare l’obiettivo di alcuni pazienti che si propongono obiettivi irrealizzabili, ha lo scopo di “accorciare” la scala.

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Quale sarebbe un obiettivo accettabile, ovvero, quale il punto in cui potrebbero sentirsi soddisfatti,

Chiedendo al paziente quale sarebbe un obiettivo accettabile, ovvero, quale il punto in cui potrebbero sentirsi soddisfatti, non si fa altro che trovare un punto concreto e raggiungibile sulla scala.

Nel caso che ho appena descritto, la scala della paziente in questione passa da 0-10 a 0-6, cioè il punto in cui si trova l’obiettivo più accettabile.

Cosa è abbastanza buono

Molti terapeuti che praticano l’approccio della Terapia Breve centrata sulla Soluzione utilizzano la domanda “che cosa è abbastanza buono” solo in modo occasionale, di contro, ce ne sono diversi altri che scelgono di utilizzarla sempre.

Una variante ugualmente efficace potrebbe essere “Dato che nessuno è perfetto, dove ti accontenteresti?”

In questo caso l’accezione di accontentarsi non è negativa, ma deve essere interpretata come un punto di arrivo concreto rispetto a un obiettivo irraggiungibile.

Flavio Cannistrà
Psicologo, Psicoterapeuta
Esperto di Terapie Brevi,
Terapia a Seduta Singola
e Ipnosi

 

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