Quando la speranza del paziente sembra non essere realistica

Cosa accade se la prima risposta del paziente alla domanda del terapeuta, se la speranza del paziente è un qualcosa che non può avverarsi o che è improbabile che accada?

speranza del paziente

Senza dubbio il terapeuta deve prendere atto della migliore speranza del paziente, ma senza nascondere il fatto che quel desiderio sia irrealizzabile

Ci sono risposte che, di fatto, esprimono un desiderio non realizzabile. Un esempio classico è quello del bambino che ha i genitori separati e che, alla domanda sulle sue migliori speranze riguardo all’incontro col terapeuta, risponde dicendo che l’unica cosa che lo renderebbe davvero felice sarebbe che la sua mamma e il suo papà tornassero assieme.

Il terapeuta potrebbe essere anche a conoscenza del fatto che entrambi i genitori sono felicemente impegnati ciascuno in una nuova relazione.

Come si deve porre in questo caso il terapeuta? Come può proseguire il dialogo con il suo paziente? Senza dubbio il terapeuta deve prendere atto della migliore speranza del paziente, ma senza nascondere il fatto che quel desiderio sia irrealizzabile.

Speranza del paziente, quando è irrealizzabile

Terapeuta: Quali sono le tue migliori speranze riguardo a questo incontro?

Paziente: Vorrei che i miei genitori potessero tornare insieme.

Terapeuta: Certo, questo farebbe la differenza, ma non so come questo possa essere il risultato dei nostri incontri.

Paziente: No, suppongo di no.

Terapeuta: Quindi quale potrebbe essere la tua migliore speranza, oltre a questa, riguardo al nostro colloquio?

Paziente: Forse se avessi degli amici… Tutti hanno degli amici.

Terapeuta: Ok, quindi se tu avessi degli amici in che modo la tua vita sarebbe diversa?

Paziente: Sarei più felice, mi sentirei come gli altri miei compagni di classe, normale.

Terapeuta: quindi se facessimo un po’ di conversazione e ti sentissi più felice, ti sentissi come il resto della tua classe, magari con più amici, questo ti sarebbe utile?

In questo esempio il terapeuta accetta il desiderio del bambino – sebbene con tutta probabilità irrealizzabile – di veder tornare assieme i propri genitori, riconosce che è improbabile che questo accada in base ai loro incontri e invita il bambino a specificare un’ulteriore migliore speranza riguardo al loro lavoro assieme.

Quello che si deve notare è come sia interessante il fatto che il bambino presenti un altro modo per sentirsi felice.

speranza del paziente

Sarei più felice, mi sentirei come gli altri miei compagni di classe, normale

Se il bambino non avesse trovato un’altra speranza da esternare, il terapeuta sarebbe dovuto tornare alla speranza precedente, quella di vedere i genitori ritornare assieme, per quanto irrealistica, e chiedere come sarebbero cambiate le cose per lui se i genitori fossero tornati assieme.

La conversazione potrebbe comunque portare allo stesso punto dell’esempio precedente, quindi il bambino potrebbe dire che si sentirebbe più felice nel fare amicizia e la conversazione potrebbe quindi prendere in esame il modo per raggiungere quell’obiettivo, pur non potendo realizzare il desiderio principale del bambino.

Questo è uno dei tanti casi in cui il terapeuta si trova a dover pensare a quante siano le probabilità che il risultato si verifichi.

Alcuni terapeuti chiedono al cliente di valutare egli stesso la probabilità che la sua “migliore speranza” si verifichi, quantificando tale probabilità in una scala da 0 a 10 dove 0 equivale a nessuna possibilità e 10 al meglio che si possa sperare, se invece vuoi approfondire la miracle question clicca qui.

Il meglio che si può sperare

Immaginiamo di avere davanti a noi un paziente che alla domanda sulle migliori speranze nutrite dall’incontro risponda dicendo che vorrebbe che il suo capo smettesse di essere scortese con lui.

Anche in questo caso, come in quello del bambino, la soluzione al problema non dipende direttamente dai colloqui col terapeuta, tuttavia sappiamo anche che innescare un cambiamento nella relazione può indurre a ulteriori cambiamenti.

Il percorso che il terapeuta dovrà intraprendere dipende dalla risposta del paziente alla domanda “E quanto è probabile che ciò accada?”

Se il paziente risponde “Penso che possa cambiare, ci sono dei giorni in cui le cose vanno bene” il terapeuta centrato sulla soluzione seguirà la guida del paziente e lavorerà sul cambiamento del capo, ma se il paziente dice “Non c’è modo che cambi, è sempre stato così con tutti, è proprio aggressivo di indole”, allora viene indicato un altro percorso.

Il terapeuta potrà rispondere al paziente dicendo “Ok, quindi non sembra probabile che possa mai cambiare, e allora qual è la cosa migliore che puoi sperare venendo qui?” o anche “Qual è la tua migliore speranza riguardo i nostri incontri?”

Spesso il paziente risponde affermando “Beh, immagino che il meglio che posso sperare sia resistere e ottenere una buona referenza per quando farò domanda per un altro posto di lavoro”.

A questo punto il terapeuta può focalizzarsi su quella risposta e proseguire chiedendo “Se continuerai a sopportare in modo da ottenere delle referenze, che differenza pensi possa fare nella tua quotidianità?”

Affrontare le situazioni della vita

Le difficoltà della vita, quelle che tutti i giorni noi tutti affrontiamo, si possono dividere, in generale, in “problemi potenzialmente irrisolvibili” e “situazioni di vita”, ovvero, quelle difficoltà che possono essere superate.

La differenza è abbastanza ovvia: i primi non sono da considerare problemi, come per esempio una malattia cronica o una perdita, dato che, da definizione, non possono essere risolti. Vi è invece un problema a essi associato: gestire, vivere quella circostanza della vita.

speranza del paziente

Se quindi il paziente dovesse porre come migliore speranza la guarigione dalla sua artrite cronica, il tera

peuta dovrà rispondere dicendo “Immagino che nessun discorso, per quanto lungo, possa eliminarlo”.

Se il paziente concorda su questa affermazione, allora il terapeuta potrebbe chiedere “Quindi come sap

rai che stai gestendo il dolore della tua artrite nel miglior modo possibile?”

In definitiva si tratta di spostare l’attenzione dal problema non risolvibile a quello che potrebbe fare la differenza a seconda di come tale problema viene gestito.

Flavio Cannistrà
Psicologo, Psicoterapeuta
Esperto di Terapie Brevi,
Terapia a Seduta Singola
e Ipnosi

 

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