Domande sull’identità: rilevare i punti di forza

Per gli esseri umani è impossibile non identificare, in qualche modo, le persone con cui si trovano a interagire e anche se stessi. Ecco perché le domande sull’identità possono tornare molto utili in un percorso terapeutico di Terapia Breve centrata sulla Soluzione.

domande identità

Quando raggiungiamo una conclusione tendiamo a notare quelle cose che ci hanno portato a raggiungerla.

Infatti, le persone, tendono sempre a dare un senso, a categorizzare, in modo da rendere il mondo più gestibile mediante, appunto, il duplice processo di osservazione e di categorizzazione.

Domande sull’identità, la categorizzazione

Per comprendere il processo di categorizzazione, vediamo un esempio esaustivo.

Immaginiamo un insegnante che si trova ad avere nella sua classe un bambino che attua dei comportamenti inadeguati al contesto.

Dopo diversi episodi di comportamento non corretto, l’insegnante si consulta anche con i colleghi che gli riferiscono che quel bambino è effettivamente scortese anche con loro.

Rapidamente l’insegnante passa dall’inquadratura “si comporta male” a “è uno studente difficile”, categorizzando ciò che ha davanti. Tale categorizzazione ha delle significative conseguenze.

Infatti, una volta che il bambino viene etichettato come difficile, il suo comportamento inadeguato sarà reso ancora più evidente mediante tale inquadratura.

Come se il solo atto di categorizzare o etichettare rendesse più evidenti i problemi che hanno condotto a tale categorizzazione.

Quando raggiungiamo una conclusione tendiamo a notare quelle cose che ci hanno portato a raggiungerla.

Questo accade anche quando ci riferiamo a noi stessi, quindi, una volta che abbiamo tratto una conclusione nei nostri confronti, sarà molto difficile agire contro tale concettualizzazione.

Se ci siamo definiti “depressi”, in poche parole, sarà molto difficile agire in modo contrario a tale definizione, cercando quindi di superare tale condizione.

Quali domande deve porre il terapeuta

Arrivati a questo punto non resta che capire in che modo deve agire il terapeuta e quali domande dovrebbe porre per raggiungere l’obiettivo.

Il terapeuta orientato alla soluzione pone domande che saranno in grado di far raggiungere loro gli obiettivi prefissati, ma quali sono tali domande?

Un buon modo è quello di far descrivere al paziente un risultato in linea con quelli che sono gli obiettivi e le migliori speranze del percorso.

Quindi, dopo aver provocato la descrizione di un evento adeguato e dopo aver posto anche una domanda strategica, puoi approfondire qui, il terapeuta inviterà il paziente a evidenziare la qualità, i punti di forza, le abilità o le competenze associabili a tale evento.

  • “Cosa ti è servito per farlo?”
  • “Da dove hai attinto le risorse per realizzare questo cambiamento nella tua vita? Quali sono i punti di forza, quali le qualità?”
  • “Cosa ti insegna questo sulla persona che sei e su quella che puoi essere?”

Ciascuna di queste semplici domande invita il paziente a sviluppare una descrizione di sé focalizzata sulla possibilità: “Mi sta dicendo che sono più forte di quanto abbia realizzato”, “Dovevo essere davvero forte”, “Ci sono voluti determinazione e forza di volontà”.

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Rapidamente l’insegnante passa dall’inquadratura “si comporta male” a “è uno studente difficile”, categorizzando ciò che ha davanti. Tale categorizzazione ha delle significative conseguenze.

Il terapeuta può quindi costruire il resto del dialogo su queste domande. Magari può continuare chiedendo: “Hai sempre saputo di essere così forte?”

E se il paziente risponde dicendo di no, il terapeuta può chiedere: “Che differenza farà per il tuo futuro sapere che puoi essere così forte?”

Se il paziente risponde dicendo che la forza è sempre stata parte della sua vita, il terapeuta potrà invece evidenziare questa sua capacità domandando: “Raccontami di altri momenti della tua vita in cui sei stato così forte.”

Porre domande in questo modo, invitando il paziente a “notare e nominare” le proprie qualità, è molto diverso dall’approccio del terapeuta che parla al paziente e basta.

Bisogna comunque essere moderati anche in questo tipo di approccio. Può capitare, infatti, che un terapeuta ponga troppa enfasi nella domanda, come in questo caso: “Quindi sei una persona molto determinata.” Rischiando in questo caso di creare disappunto nel paziente.

Le persone, infatti, sovente dubitano di complimenti riferiti da bocche altrui, mentre sono più portati a credere a complimenti che hanno direttamente sentito con le loro orecchie.

Infine, caratteristica di questo approccio è l’invito all’autocompiacimento, invece che all’elogio, approfondiremo ulteriormente nel prossimo post.

 

Flavio Cannistrà
Psicologo, Psicoterapeuta
Esperto di Terapie Brevi,
Terapia a Seduta Singola
e Ipnosi

 

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