Controllo clinico nella terapia centrata sulla Soluzione

“Se il tuo paziente fosse qui ora, quali cose che hai fatto per lui reputerebbe utili?”

Il controllo clinico centrato sulla soluzione non è altro che un semplice adattamento della terapia centrata sulla soluzione: un processo di riabilitazione focalizzato sul risultato invece che sulla direzione, che si basa sul successo invece che sulla correzione del fallimento e che privilegia la conoscenza su chi viene supervisionato invece che sul supervisore.

Controllo clinico: il ruolo del supervisore

In poche parole, ci si concentra “sull’oggetto dell’analisi” piuttosto che su chi dovrà compiere l’analisi. Si tratta quindi di un processo che consente a ciascun supervisionato di poter sviluppare le proprie competenze invece che impartire quelle del supervisore.

Questo, però, non significa che il ruolo del supervisore venga spogliato della sua essenza gestionale o deputata al mantenimento degli standard, aspetti sempre fondamentali, nonostante spesso non siano richiesti dalle circostanze.

Anche se centrato sul risultato, il controllo clinico centrato sulla soluzione presta molta attenzione al passato e, esattamente come nella terapia, sono le cose che hanno funzionato nel passato a fornire delle solide basi per un futuro di successo.

La sessione di controllo clinico

La sessione di controllo clinico inizierà, spesso, con un riepilogo dei più recenti esempi di buone pratiche del supervisore: qualsiasi cosa, che sia grande o piccola, che abbia lasciato soddisfatto il supervisore riguardo al proprio lavoro svolto con i pazienti.

Questo potrebbe aumentare la percezione delle diverse possibilità quando il supervisore chiede: “Allora, quali sono le migliori speranze per questa seduta?”

Il controllo clinico, quindi, si concentra sul lavoro col paziente. Questo significa che si deve cercare di non far raccontare al supervisore la storia del paziente perché probabilmente si tratta di una storia che spiega e al contempo incorpora il problema.

Come opera il supervisore

Il supervisore, invece, sarà invitato a considerare i punti di forza, le risorse e i risultati raggiunti dal paziente e a riflettere sul suo futuro potenziale. Dovrà quindi esaminare attentamente il rapporto paziente-terapeuta che con maggiore probabilità possa adattarsi al risultato sperato.

Questo comporterà prendere in esame ciò che ha funzionato fino a ora e come si potrebbero individuare ulteriori progressi, non soltanto dal punto di vista del supervisore, ma anche dalla valutazione di quella che è la migliore prospettiva del paziente da parte del supervisore, da cui appunto scaturisce la prima domanda della sessione.

Le domande inerenti ai risultati o alle preferenze sul futuro potrebbero iniziare con la descrizione di un possibile miglioramento, per esempio con una domanda del tipo: “Se al prossimo incontro ci fosse una svolta nel tuo lavoro, quale potrebbe essere il primo segnale che te ne farebbe rendere conto?”

L’obiettivo sarà quello di ottenere una descrizione dettagliata e concreta di una conversazione terapeutica di successo dal punto di vista di ogni partecipante. Si dovrà prestare molta attenzione all’influenza che ogni partecipante avrà sugli altri mediante una descrizione delle loro interazioni.

Il ruolo delle domande in scala

Le domande in scala (puoi approfondire qui) sono molto importanti e danno ottimi risultati anche nella supervisione. Una scala di revisione “tipo” è quella in cui 10 sta per “il lavoro è stato completato in modo soddisfacente” e 0 è il punto di riferimento.

“Dove diresti che ti trovi ora?”, “Qual è stato il tuo contributo per raggiungere questo punto?”, “Come saprai di essere salito di un punto?”

Controllo-clinico

Il supervisore, invece, sarà invitato a considerare i punti di forza, le risorse e i risultati raggiunti dal paziente e a riflettere sul suo futuro potenziale.

Il pieno potenziale di queste domande si realizza quando il supervisore risponde non solo in modo personale, ma anche considerando quale sarà la probabile risposta del paziente. Queste descrizioni con diverse prospettive sono uno degli aspetti più creativi dell’approccio orientato alla soluzione.

Guardare gli esiti

Esattamente come per la Terapia Breve centrata sulla Soluzione che promuove la speranza e la motivazione nei pazienti, la supervisione centrata sulla soluzione fa la stessa cosa con i terapeuti.

Uno dei più grandi pericoli per i pazienti è quello di avere un terapeuta che ha perso la speranza in loro, che ha rinunciato alla possibilità che il cambiamento possa avvenire, perché un terapeuta in tale condizione non sarà in grado di incentivare al cambiamento.

Questo è molto più probabile che accada se il terapeuta si concentra sulla descrizione e sull’analisi dei comportamenti problematici. Quando i terapeuti vengono incoraggiati a guardare agli esiti e quanto questi possono essere descritti nel modo più realistico possibile, è probabile che mantengano vive le loro speranze e non abbiano paura dei casi “difficili”.

Flavio Cannistrà
Psicologo, Psicoterapeuta
Esperto di Terapie Brevi,
Terapia a Seduta Singola
e Ipnosi

 

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