Cosa hai fatto per raggiungere il 3 nella scala?

Lo scopo principale della scala è quello di verificare i progressi che il paziente ha già compiuto. I terapeuti che hanno ancora poca esperienza con l’approccio terapeutico ella Terapia Breve Centrata sulla Soluzione hanno spesso fretta di convincere il paziente a parlare di avanzamento verso l’alto sulla scala, quindi di un miglioramento. In generale, di regola, è preferibile sforzarsi di scoprire quattro cose che il paziente ha già fatto per ciascuna cosa che potrebbe fare in futuro.

Scala: come non innescare frustrazione nel paziente

Non è raro sentire un paziente asserire: “Sono solo a 3”, corredando l’affermazione con una serie di giustificazioni per essere così in basso sulla scala. Spesso, anche in lacrime, affermano che non stanno facendo quello che avrebbero dovuto fare.

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Spesso, anche in lacrime, affermano che non stanno facendo quello che avrebbero dovuto fare

I terapeuti con meno esperienza sono fortemente tentati di interrompere il paziente per dirgli che 3 tutto sommato va molto bene e spronarlo a parlare in termini più positivi.

In queste situazioni è utile ricordare il consiglio di Bill O’Hanlon che esorta a tenere “un piede nella constatazione della situazione” e “un piede nella possibilità” come viene descritto qui.

Questo sta a significare che la delusione o frustrazione del paziente deve essere soprattutto e prima di tutto riconosciuta.

Un esempio di approccio possibile è il seguente: “Quindi ti sembra di non essere così in alto nella scala come vorresti, perché questa settimana hai perso il controllo. Quello che mi interessa sapere, però, è come mai stai a 3 e non più in basso?”

Tutto sommato è una questione di termini. Se il terapeuta avesse detto “ma non più in basso” invece di “e non più in basso”, il paziente avrebbe capito che la sua delusione era stata allontanata, come se gli fosse stato detto “non va così male, tutto sommato sei a 3!”

Quali domande utili possono essere costruttive

Una domanda utile che può essere posta è “Qual è il punto più alto in cui ti sei trovato sulla scala?” Può essere che il paziente sia preoccupato di essere “solo” al livello 3, mentre la settimana precedente era al livello 6. Si può quindi chiedere che cosa stava facendo quando si trovava al livello più alto.

Sebbene sia utile concentrarsi su tutti i risultati, qualsiasi essi siano, quelli riferiti al futuro preferito sono di particolare rilevanza, dato che sono la prova per il paziente della loro capacità di poter raggiungere quel futuro.

L’obiettivo è quindi quello di ottenere il maggior numero possibile di dettagli. A tal fine, utilizzare le liste (puoi approfondire qui) può rivelarsi molto utile: “Dimmi 10 modi per poter arrivare al 3.”

Tutte queste domande:

  • “Come mai sei al 3?”
  • “Cosa facevi quando avevi 6 anni?”

sono utilizzate per aumentare la consapevolezza del paziente riguardo alle proprie risorse e ai propri punti di forza.

Diverse domande aiutano a raggiungere tale obiettivo. Come in altre situazioni durante le sessioni di terapia, anche in questo caso è molto utile invitare il paziente a vedere se stesso attraverso gli occhi degli altri, ovvero, a cambiare prospettiva.

Domande con cambio di prospettiva

Alcune domande che inducono il paziente a cambiare prospettiva possono essere le seguenti:

“Cosa hai fatto di utile per tua madre/il tuo capo/il tuo partner?”

“Che differenza ha comportato per loro il fatto che tu abbia compito tali cose?”

Un modo di pensare alle risposte del paziente è in termini di strategia e identità, approfondiremo meglio questo discorso anche più avanti.

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Alcune domande che inducono il paziente a cambiare prospettiva

Quando al paziente viene chiesto che cosa ha fatto per raggiungere il 3, queste sono a tutti gli effetti delle strategie che possono essere utilizzate.

Se al paziente viene chiesto cosa gli è servito per arrivare a quel livello sulla scala, cosa gli dice riguardo a se stesso come persona, allora queste possono essere considerate come domande sull’identità.

Un esempio

Un buon esempio dell’importanza di scoprire i risultati ottenuti in passato, di permettere ai pazienti di notarli e nominarli, è quello di un giovane brillante di 12 anni con la sindrome di Asperger.

Il ragazzo trovava molto difficile concentrarsi sul futuro, ma aveva apprezzato l’uso della scala. Durante la prima sessione aveva asserito di trovarsi sulla scala a 2 anni e mezzo nel futuro.

A ogni sessione gli veniva chiesto dove si trovasse e come fosse riuscito ad arrivare in quel punto, ma trovava ogni incontro sempre più difficoltà perché non gli piaceva che gli venissero poste così tante domande.

Quando era arrivato a 5 anni, e gli veniva chiesto come le altre volte come aveva fatto a fare i suoi progressi, continuava a rispondere che non lo sapeva e si arrabbiava. Voleva sapere il perché di così tante domande.

Il terapeuta, allora, gli aveva detto che se non sapeva come era arrivato a 5 come avrebbe fatto ad arrivare a 6?

Il ragazzo si era fermato a pensare e, dopo aver dato ragione al terapeuta, si era sforzato di dare una risposta.

Come si può notare, molto dipende, quindi, dall’approccio che il terapeuta ha con il paziente e dalla formulazione stessa delle domande.

Flavio Cannistrà
Psicologo, Psicoterapeuta
Esperto di Terapie Brevi,
Terapia a Seduta Singola
e Ipnosi

 

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Bibliografia

O’Hanlon, B. (1996) A Field Guide to PossibilityLand. London: Brief Therapy Press

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